Scartabellando vecchie carte, ho trovato appunti che presi durante un corso di formazione nel lontano 2000. Il tema trattato era quello dell’aggressività nella relazione tra utente ed educatore. Rileggendoli, ho pensato che diano vari spunti di riflessione ma anche spunti pratici, pertanto li condivido.
Che cos’è AGGRESSIVITA’?
-è una serie di comportamenti presenti fin dalla nascita e che indicano senso di sopravvivenza
-è istinto
-è reazione alla frustrazione causata dalla sensazione di mancanza e di disagio
-è energia potenziale, serve ad affermarci, è una molla che fa tendere all’indipendenza/autonomia
-è una forma di espressione, comunicazione.
L’aggressività non ha un segnale monocorde.
“L’aggressività è sempre un richiamo disperato d’aiuto ma è anche un segnale di speranza” (Winnicot)
Importante è essere consapevoli che in ognuno di noi esistono queste pulsioni.
L’aggressività ha due dimensioni:
1) dimensione positiva – legata ad una forma di tipo espansivo, affermazione della propria identità; si presenta in dosi, non è onnipresente.
2) dimensione negativa – legata ad una forma di autodistruzione, reazione a qualcosa, ad una situazione di disagio interno ad es. paura.
Esiste una pluralità di letture riguardo al tema dell’aggressività anche se di solito, nelle situazioni pratiche,viene data una valenza negativa/distruttiva. Più difficile è vedere una risonanza positiva.
Ad esempio in una situazione di passività dell’utente, se c’è una dinamica aggressiva, quest’ultima è da considerarsi con valenza positiva.
RELAZIONE FRA EDUCATORE ED UTENTE CHE MANIFESTA EPISODI DI AGGRESSIVITA’
L’educatore deve innanzitutto contestualizzare, dare un senso all’ aggressività manifestata dall’ utente.
Esempi:
1) “Non vedo e se sento rumori, suoni o voci nuove, mi spavento e aggredisco. Aggredisco anche se mi si avvicinano in modo dolce, perché ho scarsa fiducia negli altri. Mi hanno lasciato da solo a lungo, pochi hanno interagito con me. Quindi gli stimoli che provengono dall’ esterno mi disturbano.”.
2) “Percepisco di essere quasi un peso, percepisco che stanno poco volentieri con me. Questo mi crea disagio. Non riesco a verbalizzare ed esprimo il mio disagio attraverso l’aggressività. Per me è l’unico canale possibile, l’unica risorsa che ho per esprimermi”.
3) Il bambino piccolo che esplora “tocca”, ma lo potrebbe fare in modo aggressivo perché non sa dosare la forza.
4) Alle volte l’utente (ad es. in età dell’adolescenza) sfida l’educatore attraverso una dinamica aggressiva per mettersi alla prova e per mettere alla prova l’adulto.
Per l’educatore è possibile dare un significato all’ aggressività anche rispetto a quello che prova lui stesso. Dare significato all’ aggressività dell’altro, significa riconoscere le proprie dimensioni aggressive, riconoscimento faticoso.
L’aggressività dell’altro ci fa paura perché fa da specchio alle nostre dimensioni aggressive.
Se l’utente si mostra aggressivo con l’educatore, l’onda di emozioni che arriva a quest’ultimo può essere molto forte e scatenare delle reazioni che possono manifestarsi anche sotto forma di distacco, risentimento, stanchezza, demotivazione.
Cosa fare?
L’educatore può avvalersi dell’aiuto e dell’intervento di un secondo educatore in modo da allontanarsi il tempo necessario per stemperare la tensione.
In un secondo tempo è importante verbalizzare con l’utente: l’educatore spiega il proprio disagio vissuto nel conflitto e in modo costruttivo ristabilizza il rapporto.
Gli appunti ritrovati non sono completi (mancano dei fogli smarriti a causa del tempo, mi spiace) quindi si presentano in modo un pò frammentario, spero comunque possano dare un aiuto a chi come me fa l’educatore.