“La bambina che andava a pile ” di Monica Taini (Ed. UOVONero) è un albo che, attraverso i contrasti del bianco e del nero delle illustrazioni, racconta in modo potente i contrasti interiori di una bambina che è SORDA.
La protagonista, Monic, ha due voci: mani e bocca, e non sa quale sia la più forte. Le risulta molto difficile decifrare la sua lingua.
Monic pensava che i diversi fossero gli altri, in seguito le dicono che la diversa è lei.
Ha una vita fatta di fili ed elettronica: impianto cocleare, protesi acustica; ma nel contempo la sua vita è fatta anche di eterno silenzio.
Per la legge è minorata visiva, handicappata, diversamente abile. Fortunatamente “per i suoi amici è semplicemente Monic”.
Nell’albo troviamo poche parole molto dirette ed incisive che rendono in maniera, per me straordinaria, i dissidi interiori di chi sta cercando una sua identità.
La potenza di questo libro sicuramente è dovuta anche al fatto che la scrittrice ed illustratrice, Monica Taini appunto, è sorda. La sua sordità è stata diagnosticata a 2 anni, a 10 è stata impiantata con il cocleare. Quindi chi meglio di lei poteva raccontare il percorso interiore tortuoso che devono affrontare le persone sorde.
Monica lascia anche un Glossario Semiserio di Cultura Sorda: fra le varie parole e sigle, spiega cos’è un impianto cocleare, cos’è la LIS, chi è l’interprete. Indica anche cos’è INTEGRAZIONE: “E’ quando non ti ricordi che il tuo amico usa le protesi e gli urli:”Ma sei sordo?” e lui ti risponde : “Si!”. E poi vi mettete a ridere tutti e due”.
“La bambina che andava a pile” è un meraviglioso strumento per introdurre ai bambini il tema delle minorazioni uditive: la fascia di età indicata per la lettura è 5 – 10 anni , ma è un libro che sicuramente devono leggere gli adulti: genitori, insegnanti, educatori, che si approcciano a bambini o ragazzi sordi.