Ero fermamente convinta che il caldo soffocante e un contenitore quale quello di un campo estivo nel quale solitamente si propongono giochi, gite, gavettonate… divertimento, relax e spensieratezza (tutte cose che i bambini si sono ampiamente guadagnati e meritati dopo un anno di impegni scolastici) non avrebbe favorito la proposta di un laboratorio che prevedeva momenti di riflessione, autocritica, confronto e scambi di esperienze.
Ma ancora una volta i bambini mi hanno stupita!
Il percorso nasce con l’intenzione di offrire ai bambini:
– uno spazio entro il quale riflettere su quanto le diverse conoscenze e le diverse abilità che caratterizzano ognuno di noi, siano fonte di arricchimento per tutti gli altri
– l’opportunità di conoscere nuovi canali espressivi attraverso i quali esprimersi ed approfondire le relazioni interpersonali.
Il laboratorio ha previsto due incontri
1° INCONTRO: . La prima fase prevede la conoscenza visiva e tattile di materiali di scarto aziendali provenienti da “Re Mida” Centro di riuso creativo (Calderara di Reno). Attraverso la manipolazione, i bambini saranno in grado di riconoscere tutta una serie di proprietà che caratterizzano i vari materiali. In seguito verrà proposto di realizzare, individualmente, una maschera, un travestimento, in generale un oggetto che permetta a ciascun bambino di differenziarsi da tutti gli altri. “Così come i materiali sono tutti diversi anche noi proviamo ad essere diversi dagli altri”.
Dopo una breve sfilata, con la modalità del “circle time”, verranno poste le seguenti domande:
– è necessario utilizzare travestimenti, maschere per essere tutti diversi oppure ognuno di noi, con le proprie caratteristiche fisiche, caratteriali, le proprie passioni, i propri pregi e propri difetti…è già “portatore di diversità”.
– che cosa comporta per un gruppo la diversità delle persone che lo compongono? E’ un problema? E’ un arricchimento?
Per la riflessione farà da spunto, da supporto il racconto:
“SOLO BIANCO E NERO?… FORSE NO!”.
https://www.youtube.com/watch?v=voXaopcS3_c&t=38s
2° INCONTRO: tenendo conto delle riflessioni emerse nel primo incontro, viene proposto un brano tratto dal libro: “Il pezzettino in più” di Cristina Sánchez Andrade (Feltrinelli Kids). In seguito i bambini verranno invitati a realizzare, attraverso i canali espressivi a loro più congeniali, elaborati che abbiano come contenuto il concetto di diversità e dell’arricchimento che essa porta. I lavori possono essere individuali o di gruppo. Verranno messi a disposizione materiali di scarto aziendale, materiale per collage, tempere.
Appunti di viaggio
1° INCONTRO
I bambini che partecipano hanno un’età compresa fra gli otto e i dieci anni.
Per il primo incontro ho allestito un grande tavolo su cui ho distribuito tanti materiali molto diversi fra loro per forma, colore, consistenza ecc.
Dopo una iniziale reciproca conoscenza fra bambini e sottoscritta, vengono presentati i materiali. Dapprima invito i bambini a guardarli, soltanto in seguito a toccarli cercando di “ascoltare con attenzione” le sensazioni tattili che suscitano.
Per fare esperienza con i materiali viene dato un tempo al termine del quale pongo la seguente domanda: “Le sensazioni che vi hanno dato i materiali, sono uguali?”
La risposta è corale: “No!”
”Perché?”, chiedo?
Le risposte dei bambini:
- hanno forme diverse
- hanno superfici e colori diversi
- alcuni sono ruvidi altri lisci
- alcuni sono morbidi altri duri
- alcuni sono taglienti (anche la carta può essere tagliente)
- alcuni sono caldi (il legno) altri freddi (i metalli)
- alcuni sono bucati
- alcuni sono a strisce altri a pois ….
- questi materiali li puoi girare e utilizzare in vari modi
A questo punto chiedo ai bambini di creare individualmente e con i materiali che sono a disposizione, un oggetto, un travestimento che possa rendere ciascuno diverso dagli altri: “Così come i materiali sono tutti diversi, anche voi attraverso personali creazioni, trovate un modo per distinguervi dagli altri.”
Ai bambini viene dato un lasso di tempo sufficiente per poter “gustarsi” i materiali particolari che hanno a disposizione e per poter liberare la propria fantasia.
Terminato il tempo a disposizione, i bambini sfilano, uno alla volta, per presentarsi in modo diverso grazie alle loro creazioni.
Si parte con un super eroe tecnologico passando per una regina di cuori, poi un drago buono, un gangster, un bambino tramutato in una porta da calcio, una nonnina, una signora con borsa, una principessa, ecc…. fino ad arrivare a mister proiezione che può proiettare le cose dei film nella realtà e viceversa . C’è anche chi, per differenziarsi dagli altri, ha deciso di avere meravigliosi capelli di stoffa.
Si passa poi ad un secondo momento: chiedo ai bambini di mettersi seduti in cerchio e di raccogliere la concentrazione per fare una riflessione:
“Avete conosciuto, toccato utilizzato tanti materiali che avete detto essere tutti diversi l’uno dall’altro, perché ognuno ha le proprie caratteristiche. Poi ciascuno di voi, ha inventato un travestimento per differenziarsi dagli altri bambini. Ma è necessario travestirsi per essere diversi dagli altri?”
La risposta corale dei bambini è immediata: “No!”
Chiedo: “No, perché?”
Queste le loro riflessioni:
– perché abbiamo gusti diversi
- perché ci piacciono cose diverse
- perché abbiamo il colore degli occhi e dei capelli diversi
- perché il colore della pelle è diversa
- abbiamo il timbro della voce diversa
- abbiamo età diverse
- abbiamo il nome diverso
- qualcuno porta gli occhiali
- abbiamo altezze diverse
- ognuno ha il suo carattere e il suo comportamento
- ognuno di noi ha anche il suo modo di vestirsi.
Faccio un’altra domanda: “E se fossimo tutti uguali, che cosa succederebbe?”
Alcune risposte:
- non si farebbe più amicizia, tanto l’altro è uguale a te
- la vita diventerebbe noiosa
- se fossimo tutti uguali le maestre ci confonderebbero
- se tutti volessimo le stesse cose, sarebbe un problema
- sarebbe noioso anche per i giochi, tutti vorremmo fare gli stessi
- anche in questo laboratorio, se tutti avessimo fatto le stesse cose, sarebbe venuta un po’ di rabbia
- se tutti facessero lo stesso sport, gli altri sport non esisterebbero
- ognuno deve fare cose diverse dagli altri ed avere degli obiettivi diversi
- se a tutti a scuola piacesse la stessa materia, le altre non si farebbero
- …
Sottolineo il fatto che avendo ognuno di noi abilità diverse, conoscenze diverse, possiamo imparare cose nuove grazie agli altri oppure mettere a disposizione le nostre. Perciò anche a scuola, se non capisco una cosa, chiedo al mio compagno, possiamo fare degli scambi; ognuno di noi può regalare i propri punti di forza e può ricevere aiuto laddove si hanno dei punti deboli.
A questo punto prendo fuori da una scatola e metto al centro del cerchio, alcuni dei personaggi protagonisti della storia intitolata: “Solo bianco e nero?…Forse no!”
Questi personaggi, rappresentano appunto le diversità che ci distinguono.
Poi vengono disposti altri personaggi che rappresentano il concetto di omologazione.
Per concludere viene letta la storia : “Solo bianco e nero? …Forse no!”
che porta forte e chiaro il seguente messaggio:
”SIAMO DIVERSI PER TANTI ASPETTI E NON SOLO PER IL COLORE DELLA PELLE.
RESTA UNICO E SPECIALE CON IL TUO ASPETTO FISICO, LE TUE IDEE, I TUOI PREGI E I TUOI DIFETTI.
E RISPETTA L’ASPETTO FISICO DEGLI ALTRI, LE IDEE DEGLI ALTRI I PREGI E I DIFETTI DEGLI ALTRI”.
Con questo concetto chiave, termina il primo incontro.
2° INCONTRO
Per il secondo incontro, ho allestito tre isole per la realizzazione di tre diverse attività.
Ma l’incontro si apre subito con un circle time: viene fatta una sintesi di quanto accaduto nell’ incontro precedente sia per raccontare a due bambini nuovi l’esperienze vissute, sia per riprendere alcuni concetti solo accennati attraverso la lettura della storia.
I bambini sono molto partecipativi segno che sono stati attenti e hanno elaborato ed interiorizzato i concetti espressi nella prima “puntata”.
Al centro del cerchio avevo precedentemente messo alcuni dei personaggi della storia: “Solo bianco e nero?…Forse no!
Chiedo ai bambini se è mai capitato loro, di sentire prendere in giro per una delle caratteristiche fisiche che riportano i cinque personaggi.
Dapprima i bambini rispondono in senso generale: “ Si, abbiamo sentito prendere in giro per tutte queste caratteristiche”. Poi si lasciano andare e parlano delle loro esperienze personali.
Alcuni commenti:
– A me hanno preso in giro perché sono cicciotta. Io ho detto di pensare alle loro caratteristiche
– Io sono preso in giro perché sono troppo perfetto, ma a me non importa e non cambio
– Io vengo presa in giro perché non sono veloce nella corsa. Ho risposto che non sono veloce a correre ma so disegnare bene e suonare
– Io sono presa in giro perché dicono che sono la cocca delle maestre
– Io ho sentito prendere in giro per tanti motivi
– A me prendono in giro perché dicono che sono magro come uno stecchino
– A me prendono in giro per un sacco di cose anche perché sono un intelligentone e mi chiamano “MISTER SO TUTTO IO”
-A me prendono in giro perché ci sono vari cibi che non mi piacciono
– C’erano delle mie compagne di classe che parlavano in modo strano. Io e altri miei amici abbiamo chiesto perché parlavano così e loro hanno risposto che avevano messo l’apparecchio e noi ci siamo scusati
– A me le opinioni degli altri non interessano. Io rispetto gli altri se mi rispettano e il rispetto si deve imparare ad averlo il prima possibile
Una volta completata la raccolta delle testimonianze personali, metto in mezzo al cerchio, vicino ai personaggi, un libro dal titolo: “Il Pezzettino in più” di Cristina Sánchez-Andrade (Feltrinelli Kids).
Vengono introdotte le due protagoniste del libro, due sorelle: Manuelita e Lucy, detta Fufi, che è la sorella minore.
Manuelita è affetta dalla sindrome di down.
A questo punto viene chiesto ai bambini se sanno cosa significa essere affetti dalla sindrome di down e se conoscono qualcuno che abbia il “pezzettino in più”.
Le risposte:
– Io so bene che cos’è, è una malattia che hai quando nasci e non è contagiosa
– Io avevo un compagno con la sindrome di down, era bassino e imparava più lentamente, aveva l’educatrice
– Io avevo una compagna con la sindrome di down ed era una buona amica
– Anche quando andiamo in piscina vediamo dei bambini down…
Spiego cosa significa avere un pezzettino in più e insieme ai bambini, viene fatto un elenco delle caratteristiche fisiche tipiche delle persone con sindrome di down. Elenco che viene fatto anche nel libro.
Poi leggo un brano estrapolato dal libro, che parla dei bambini corvo:
“ Il dottore disse ai genitori di Manuelita- Tutti abbiamo nelle nostre cellule 46 pezzetini che si chiamano CROMOSOMI e invece Manuelita ne ha 47”
Manuelita, che era la sorella maggiore, era “diversa” : aveva gli occhi a mandorla e le orecchie piccole. Parlava una lingua fatta di poche e tenere parole.
Lucy adorava stare in compagnia della sorella Manuelita e pensava che tutte le sorelle del mondo fossero come la sua. Non poteva immaginare che lei fosse diversa. Pensava che tutte le sorelle maggiori avessero le orecchie piccole e gli occhi a mandorla e parlassero una lingua fatta di poche parole.
Poi crescendo Lucy si accorse della diversità di Manuelita…e dell’esistenza dei bambini corvo.
Lucy e Manuelita iniziarono ad accorgersi dell’esistenza dei bambini corvo quando erano a giocare al parco.
I bambini corvo sbucavano nel pomeriggio. Prima uno. Poi un altro e un altro ancora…Fino a formare uno stormo di cinque o sei. Perché i bambini corvo si muovevano quasi sempre insieme. Manuelita e Lucy sentivano gracchiare in cima a un albero, guardavano in su, ed eccoli lì, che sbattevano le ali in mezzo al fogliame: brutti come ombrelli neri, volgari ed esagerati che ridevano di Manuelita. Una risata sfrontata e sinistra, da far rizzare i capelli.
Ai bambini corvo piaceva spaventare la vittima prima di lanciarsi all’attacco. C’era tutto il tempo per graffiare e beccare. Svolazzavano intorno facendo sempre le stesse domande su Manuelita:” Quanti anni ha? Ma che classe fa? Perché ha gli occhi da cinese? Perché non si capisce cosa dice? Perché è così strana?”.
E andavano avanti così fino a sera. Come se al mondo non ci fossero altre domande.
I bambini corvo erano orribili. I loro capelli non erano morbidi come quelli della maggior parte dei bambini, ma erano penne nere che spuntavano dritte come le setole della spazzola. Avevano piume sulle braccia, sulla pania, sulle gambe…Le piume gli crescevano perfino nelle narici e nelle orecchie.
La cosa curiosa è che i bambini corvo non erano nati così. L’aspetto di uccelli si era impossessato di loro, anno dopo anno, mentre crescevano. Ma perché? Perché se un bambino non fa altro che infastidire e ridere degli altri, glielo si comincia a vedere in faccia e sul corpo. Il viso diventa più affilato, gli occhi si fanno sporgenti, la bocca si deforma e si trasforma in becco. La voce dolce e graziosa di bambino diventa gracchiante. Il corpo si ricopre di piume e ai piedi spuntano artigli affilati al posto della dita.
…Ma i bambini corvo non erano solo al parco. In realtà svolazzavano per tutta la città. Abitavano in case normali con genitori normali, si vestivano in modo molto normale e avevano tutta l’aria di bambini normali. Ma sotto quel travestimento da bravi bambini, c’erano le penne, il becco e gli orribili artigli.
Umiliare gli altri, soprattutto i più deboli o quelli che non sanno difendersi, è la passione dei bambini corvo. Di solito lo fanno a stormi di cinque, ma se si presenta l’occasione all’improvviso, non esitano a farlo anche da soli….”
Ultimata la lettura del brano, pongo le domande: “ Chi sono i bambini corvo?” “Perché si muovono quasi sempre in gruppo?”
Le risposte:
– Sono bambini pieni di peli
– All’inizio ho pensato che fossero dei bambini mezzi corvo, poi ho pensato che erano dei cuccioli di corvo
– Io credo che siano dei mutanti, mutano d’aspetto
-Ma esistono?
– Io spero di no
– I bambini corvo prendono in giro le persone deboli che non sanno difendersi
– Io ei miei amici ci muoviamo sempre in gruppo, ma non per prendere in giro, per giocare
– Si prende in giro in gruppo così quando tu finisci di parlare, gli altri riprendono il tuo discorso e ti senti più forte
-Secondo me è meglio da soli…ma in generale non si può prendere in giro
Altra domanda dell’ educatrice:”Ma perché la scrittrice ha descritto i bambini che prendono in giro come dei bambini corvo?”
– Perché sono antipatici
– Per fare capire alle persone che non si deve prendere in giro
– Perché prendono in giro e sono cattivi
– Se si prende in giro, si diventa cattivi e nessuno vuole essere più tuo amico. Poi la presa in giro si ritorce contro di te
– Perché si diventa brutti e tristi
-I bambini corvo sono quelli che hanno la paura dentro ma si credono di essere forti fuori; prendono in giro per rendersi forti
– Se prendi in giro ti isolano
– La bruttezza dei bambini corvo è la bruttezza che hanno dentro i bambini che prendono in giro.
Forti di tutti questi concetti, ho invitato ciascun bambino a disegnare direttamente con il pennello nero (senza matita e gomma) un “BAMBINO CORVO”
Alcuni hanno usato solo la tempera, altri hanno usato tecnica mista- tempera e materiali di riciclo, altri ancora hanno chiesto di poter realizzare il bambino corvo sul pavimento solo con materiale di riciclo.
Questi alcuni elaborati:
Poi si è passati all’albero della diversità: su una delle tre isole, svettava un “albero nudo” circondato da materiale di scarto: i bambini sono stati invitati a scrivere su di un cartoncino una delle caratteristiche personali che li rende diversi dagli altri. Il cartoncino doveva essere poi attaccato all’albero della diversità insieme ad un “pezzo di scarto” che aveva suscitato la loro curiosità.
Infine per giocare, per esaltare e amplificare il concetto di diversità, seguendo lo stile dell’artista tedesca Hannah Höch, i bambini, con la tecnica del collage e ritagli hanno creato bellissimi visi alternativi:
CONSIDERAZIONI
Ho iniziato questo laboratorio piena di timori e perplessità. Intanto per me è stata la prima esperienza all’interno di un campo estivo. Di solito conduco questi percorsi all’interno di classi durante l’anno scolastico quindi i bambini/ragazzi si trovano in una situazione, in un contesto strutturato, entro il quale si aspettano la richiesta di alcune attività quali l’ascolto di letture o la produzione scritta di alcune riflessioni.
Il campo estivo invece è sinonimo appunto di estate, vacanze libertà e quindi chi li frequenta probabilmente si aspetta solo attività ludico- ricreative.
Ma una volta rotto il ghiaccio, mi sono dovuta ricredere. Per quanto mi riguarda è stata un’esperienza molto istruttiva e sorprendente. I bambini sono stati tutti molto accoglienti ed hanno partecipato attivamente regalando molti “pezzi di sé”.
Si sono messi in gioco sia nelle fasi più ludiche sia nei momenti in cui veniva richiesta attenzione, riflessione e condivisione delle proprie esperienze.
Molto emozionante è stato vedere lo stupore dei loro occhi e delle loro mani quando hanno fatto la conoscenza dei materiali di scarto di Re Mida e la loro voglia di costruire, creare, mettere in moto la fantasia.